To the wonder

di Terrence Malick

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  1. marsellus wallace
     
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    Un uomo, una donna, Neil e Marina, apparentemente una coppia qualunque innamoratasi a Parigi che si reca a Mont Saint Michel per cercare ristoro spirituale e coniugare il respiro dell'anima con la consapevolezza della vita che stanno conducendo. Arrivati in Oklahoma alle loro vite di tutti i giorni avranno modo di pensare alla cosa come a una guida per relazionarsi con gli altri, non riuscendo però mai a trovare un equilibrio tra di loro duraturo e con il permesso di soggiorno di Marina che scade e la fa tornare in Europa, con il rischio che lui ritorni da una vecchia fiamma.



    Terrence Malick, solo il nome di questo grandissimo regista è già una garanzia per il compimento di un film pieno di fascino, sicuramente ostico per il grande pubblico anche perché ormai sta rinchiudendosi sempre più in se stesso come le sue storie, affascinanti e piene di immagini rigogliose, con le sue prospettive azzardate che parlano in senso universale di vita e sentimenti. Malick prosegue idealmente un percorso iniziato con il capolavoro L'albero della vita, considerato dai più e a torto un mattone colossale pretenzioso, parlandoci della sua voglia d'amore, con la cerchia dei personaggi totalmente ristretta, in questo caso una coppia formata da Ben Affleck e Olga Kurylenko, duo che interagisce più o meno debolmente e fortemente con altri personaggi che forniscono nuove visioni e pareri sulla vita (come la frase “Io sono l'esperimento di me stessa” che dice Romina Mondello), comprendendo anche un prete esistenzialista che ha il volto di Javier Bardem, che li comprende e li ascolta.
    Si inizia in Francia, la coppia, Neil e Marina, si incontra e si innamora, a Mont St Michel si perdono completamente nell'incanto della natura e rimangono stregati dalle meraviglie del luogo portandosele nel cuore anche in America dove lui lavora come ispettore ambientale. Lei incomincia a riflettere mentre lui si chiude ulteriormente nel silenzio (forse una cosa autobiografica?), danza sospesa tra i pensieri (vedi la scena delle scarpette che conferma e rimanda il concetto) mentre il marito si allontana invaghendosi di un'altra donna nel mezzo di meravigliosi altri spettacoli naturali, cosa acuita dal fatto che lei deve tornare in Europa per la scadenza del permesso di soggiorno. Mentre lei sente che lo sta perdendo capisce anche che la meravigliosa forza dell'amore se giustamente incanalata riprende ogni cosa e ogni marea alla fine arriva alla spiaggia.
    Malick sin dai tempi della sottile linea rossa ma anche molto prima con la Rabbia giovane, dimostra ancora una volta il suo amore totale e incondizionato nel filmare la natura. Nel film di guerra con Clooney denunciava la violenza che dovevano subire piante e foglie sotto le bombe martoriate più dei corpi, ora fa capire come immergersi tra cavalli, bufali e animali vari in paesaggi mozzafiato sia un balsamo panacea per il corpo e per lo spirito, facendo capire all'essere umano integratosi con il suo brodo primordiale eco/faunistico privo di pregiudizi e pronto a riformare il proprio substrato mentale senza paletti o barriere.
    Malick da artista quale è agisce senza nessun problema autoriale, lui non ha mai avuto problemi a filmare se non per dire quello che deve dire, sperimenta e gioca con tecniche e sistemi, fa parlare fuori campo e direttamente i personaggi, flebili timidi suoni che esprimono parole che squarciano come coltelli il silenzio di strade vuote e paesi che paiono ghost town, aridi di persone come gli animi di chi passa senza guardare. Il personaggio della Kurylenko, centralizzante, esce ed entra da case senza bordi e cancelli come se non ci fosse un vero confine per amare, come se dovesse percorrere un percorso osmotico prima di trovare la giusta quantità spirituale da mantenere per non perdere il marito troppo intento a guardare un 'altra donna (lei che ha già una figlia avuta da un rapporto precedente finito per adulterio). La sfida non diventa “Storia di un gruppo pieno di flagellazione e sfortuna” come potrebbe pensare qualcuno ma un monito per ripartire e ricominciare, anche senza parlare come dimostra la scena della muta concettuale.
    Non avvicinatevi a questa strepitosa opera di Malick con l'animo di fare serata intellettuale, il film o lo si ama o lo si odia e questo non si può contestare, ma soprattutto vuole parlare alle profondità del nostro animo per cui è necessario aprirsi completamente ad esso senza preclusioni di sorta, in un mondo gretto, materiale e legato al denaro a tutti i costi come quello odierno è sicuramente la cosa più difficile. Distribuito a luglio e in una maniera scandalosa solo perché il pubblico voglioso di evasione pura lo eviterà, non è parlare da nazista intellettuale ma poi non stupiamoci se ad ogni tentativo che viene fatto di dire qualcosa in maniera ragionata e silenziosa velata di malinconia gli si tarpa le ali. Film come questo prima che guardati vanno meritati, senza colpe e senza remore per non esserne pronti, si chiama cognizione di causa nel giudizio e non delirio di superiorità critica da film immenso artisticamente proiettato in sala vuota.

     
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  2. serpeinculo
     
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    sarà il secondo malik che mi potrà piacere!
     
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  3. Hawy ½
     
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    E' la verità. (e quanto mi è piaciuta la bacchettata finale, fratellone!)
     
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2 replies since 24/7/2013, 22:14   23 views
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